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Amianto: 1960-2003 i caldaisti dello IACP (dal 2001 ACER)

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Racconto di Nicola una storia di lavoro e amianto.

Nicola, assieme a qualche decina di colleghi, ha lavorato nelle centrali e sotto centrali, che forniscono il riscaldamento centralizzato agli edifici prima IACP “Istituto Autonomo Case Popolari” e dal 2001 dell’ACER “Azienda Casa Emilia-Romagna” in diversi quartieri della città di Bologna. Azienda che si occupa della gestione dei patrimoni immobiliari, tra cui gli alloggi di edilizia residenziale pubblica ecc…

Nicola ci racconta che le attività di conduzione si distinguono tra “conduzione ordinaria e straordinaria delle centrali termiche” e  “rete di distribuzione e di smistamento del riscaldamento nei condomini”.
Gli stabili delle centrali termiche (circa 1000 metri cubi) per produzione di grosse quantità di acqua calda per il riscaldamento di alcune migliaia di abitazioni e negozi di quartieri nella città di Bologna, sono manufatti con pannelli in cemento amianto e in questi locali vi erano quattro grosse caldaie di produzione di acqua calda, alimentate da scarti della lavorazione del petrolio (B.T.Z.) con presenza costante del conduttore, attualmente sostituite da caldaie moderne a gestione remota, alimentate a gas metano.
I portelloni d’ispezione delle caldaie erano sigillati con cordoni e coibentati con pannelli di amianto che nella sostituzione si sbriciolava e si disperdeva nell’ambiente.
Si utilizzavano attrezzi manuali: smerigli, forbici, trapano, spatole, spazzole, martelli; attrezzi che l’operatore usava all’occorrenza e che provocavano ingenti rilasci di fibre di amianto.
L’impianto di alimentazione delle caldaie e di distribuzione dell’acqua calda non sanitaria era costituito da grosse tubazioni coibentate con lana di vetro e un impasto di gesso e amianto che con il deterioramento si polverizzava nell’ambiente.
Le flange delle pompe e delle valvole erano sigillate con guarnizioni di amianto e per la manutenzione venivano usate le stesse modalità sopra descritte e gli stessi attrezzi.
L’azienda dotava gli operatori di indumenti ordinari: tute, scarpe, giacche che venivano lavate in centrale termica e indumenti straordinari: guanti, maschere, tute bianche usa e getta.
Nicola prosegue parlando dello smistamento del riscaldamento. Le tubazioni coibentate con fibra di vetro e impasto di gesso e amianto dal diametro di 50 cm circa, partivano dalla centrale termica in cunicoli sotterranei di dimensioni anguste, tali che l’ispezione da parte dell’operatore avveniva a contatto con la coibentazione, che in caso di rottura del tubo, veniva sostituito con le modalità e gli utensili sopra descritti.
Questa rete di tubazioni sotterranea al quartiere, alimentava una cinquantina di sotto centrali per quartiere e prima dell’allacciamento al tele riscaldamento, avvenuto nei primi anni duemila con relativa ristrutturazione dell’impianto, anche in questi locali situati tra le cantine dei palazzi, c’era  presenza di gesso/amianto sulle tubazioni, e guarnizioni in amianto sulle flange come descritto per la centrale termica.
Oltre ai due quartieri Barca e Pilastro, venivano gestite una ottantina di centrali termiche più o meno grandi con le stesse modalità di manutenzione.
Qui termina il racconto di Nicola.

Come AFeVA  abbiamo contattato l’INCA di Bologna e abbiamo chiesto cosa era stato fatto per i caldaisti dell’ACER. La legge 257/1992 riconosce una maggiorazione contributiva utile per la pensione. L’INCA di Bologna, dietro richiesta del delegato sindacale CGIL, ha fatto diversi incontri con i lavoratori e presentato le domande all’INAIL. L’INAIL ha riconosciuto, in via amministrativa, l’esposizione fino al settembre del 2003. Alcuni lavoratori, con tale riconoscimento hanno potuto anticipare la pensione, altri sono ancora attivi, comunque potranno raggiungere prima i requisiti previsti per il diritto alla pensione. L’INCA aveva coinvolto e chiesto il parere del proprio consulente tecnico Dott. Magelli, il quale ha ricostruito la storia dei lavoratori caldaisti. Il problema dell’esposizione è stata sicuramente più importante fino al  1995/97, mentre negli ultimi anni l’esposizione tende ormai a scomparire. La presenza di tali materiali nelle centrali e sotto centrali termiche è stata ovviamente legata alle sue proprietà di ottimo coibente termico (proprietà che ne fa un materiale molto usato in passato in tutte le attività industriali o di servizi con presenza di macchine ed impianti con situazioni di elevate temperature: zuccherifici, vetrerie ecc..).
Il consulente ha quantificato per i caldaisti in circa 210 ore l’anno in operazioni a diretto contatto con l’amianto fino al 2000. Dopo tale anno le ore di esposizione si sono ridotte a circa 45 ore annue.
Il lavoro svolto dal consulente si è basato su dati e valutazioni che sono utilizzabili ai fini dei benefici previdenziali. I dati sono stati estrapolati da  tabelle per applicazioni “in analogia”. Di fatto, quando si deve ricostruire una storia ambientale e di lavori, che nel tempo hanno subito variazioni, non c’è altro modo che utilizzare le testimonianze dei lavoratori, le dichiarazioni rilasciate dai datori di lavoro e la conoscenza del processo produttivo.

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